Nonno Orazio aveva ragione: breve storia dell’azienda Meta di San Felice, da Paolo ai figli

11 Dicembre 2024 - Amedeo Faino

Una famiglia, il terremoto del 2012, la forza di Paolo, il testimone che passa ad Alessandro e ai suoi fratelli

Nonno Orazio, da sempre agricoltore, l’aveva detto: “Con questo fazzoletto di terra, al giorno d’oggi, non si può mantenere una famiglia con cinque figli”. Una necessità che si trasforma in rivoluzione industriale: “Meglio zappare il ferro invece di zappare la terra. Ventotto biolche non sono nulla, sarebbe meglio avere una biolca di officina”.

Una pianura povera, dove le grandi città erano lontane e le capitali industriali d’oggi erano ancora semplici villaggi artigianali che timidamente si affacciavano al mondo dell’industria, con la vanga e la stagione del fieno a dettare ancora i ritmi. Una biolca modenese equivale a circa 2800 metri quadrati, ma con l’avvento dell’era moderna serviva molta più terra per poter vivere di agricoltura.

Non è stato semplice fare ciò che i padri dell’Emilia hanno realizzato, con forza di volontà, con nient’altro che l’ingegno di ciascuno.

Mirandola, San Felice, Villavara e non solo: questa è anche la storia di Sassuolo, Scandiano, Mancasale, Castelnovo Sotto e Correggio. Terre ingegnose che, dal nulla, hanno saputo aggrapparsi alla determinazione di un collettivo straordinario, capace di creare il più grande polo di piccole e medie imprese del mondo; tra Parma e Imola troviamo mille di queste storie, e noi vogliamo raccontarvene alcune.

Una di queste è la storia della famiglia Preti e della Meta di San Felice. Tutto inizia con la presa di posizione di nonno Orazio: “Il nostro appezzamento è troppo piccolo; al giorno d’oggi servono grandi proprietà per sopravvivere, con trattori altrettanto grandi, mezzi con capacità di lavoro inimmaginabili fino a pochi anni fa. Bisogna cambiare tutto, e in fretta”.

L’Italia corre e non si ferma, e nonno Orazio instilla nel DNA dei propri figli l’alternativa che nessuno aveva preso in considerazione: fare impresa, diventare artigiani del ferro, creare dal nulla, generazione dopo generazione, una solida azienda.

Gli emiliani non amano i grandi sprint in economia: preferiscono la maratona, il passo costante che mai rallenta e che sfianca chi cerca di star loro dietro. Decennio dopo decennio, l’azienda cresce e diventa ciò che conosciamo oggi. Ma tanta acqua è passata da quella prima officina artigianale tra Modena e Bologna, tra terremoti e tragedie che hanno messo a dura prova i nervi di Paolo, Matteo, Alessandro, Anna, Francesco e di tutti coloro che compongono questa straordinaria famiglia.

Una comunità che non si è mai arresa. Vogliamo quindi mettere in evidenza l’emilianità del “fare impresa”, portando alla luce una storia che vale molto più di un semplice articolo.

Nel 1996 l’esperienza della famiglia Preti è tale da richiedere un cambio di prospettiva; al timone c’è Paolo e, unendo le forze, nasce Meta, con una sala di lavorazione a Mirandola, per poi trasferirsi nel 1998 a San Felice. Negli anni, l’azienda cresce e si afferma anche a livello internazionale, portando i Preti a collaborare con multinazionali e realtà produttive di tutto il mondo, apprezzati per la precisione e la passione, che diventano tratti distintivi in ogni lavorazione. Nel 2001 l’azienda si espande e acquista una nuova sede produttiva; negli anni Meta si consolida commercialmente e investe in nuove tecnologie.

Tutto procede per il meglio fino al 2012, quando l’orologio di Finale Emilia si blocca alle 3:36 di notte. Tutto crolla, l’Emilia trema, ma Paolo mantiene saldo il timone. La produzione viene spostata all’aperto, tutti gli stipendi vengono pagati e la volontà di continuare non manca. Il colpo è pesante: c’è da ricostruire tutto.

“Spesso penso a quelle notti, a quanto era in gioco, a come la vita può cambiare”, racconta Paolo mentre pranziamo al ristorante Papillon di San Felice, a due passi dall’azienda: “Avevamo speso tutto in automazioni e macchinari, ma non avevamo più un capannone dove collocare le attrezzature in arrivo. Come si può mandare tutto all’aria quando tante persone lavorano con te? Tante famiglie, tanti padri di famiglia. Bisognava venirne fuori e ricostruire tutto, subito”.

Così è stato, e così sarà sempre, perché gli emiliani non sono abituati a chiedere o a lamentarsi. Preferiscono ritrovarsi dove c’è bisogno di ricominciare, a testa alta e con la convinzione che tutto debba andare avanti. Aiutati che Dio t’aiuta.

Passano gli anni e Paolo sente che è giunto il momento di passare il timone ai figli, tutti molto legati all’azienda e agli insegnamenti tramandati da nonno Orazio e da papà Paolo. I fratelli che hanno scelto di restare in azienda sono quattro, ma bastano cinque minuti per individuare il nuovo amministratore delegato: al tavolo di famiglia, tutti si voltano verso Alessandro, considerato il più adatto a prendere il comando, con papà vigile alla sua destra, desideroso di contribuire pur facendo un passo indietro.

“Tutti mi chiedono se ci sono state liti con i miei fratelli, se ci sono state discussioni. La verità è che siamo stati fortunati: ciascuno di noi ha trovato il proprio ruolo naturale e ciascuno di noi è pronto a fare il massimo per l’azienda, per la famiglia e per le persone che lavorano con noi”, spiega Alessandro mentre ci mostra la sala di lavorazione, salutando i fratelli che si occupano della parte produttiva e gestionale.

Dove può arrivare una famiglia così unita? Forse è iniziato qualcosa di ancora più grande, che farà storia. “Sono fortunato perché posso dedicarmi alla parte dirigenziale con serenità, perché ho i miei fratelli che si occupano di tutto il resto; questa è la mia forza più grande e non smetterò mai di ringraziarli”: una delle rare storie d’impresa in cui il passaggio generazionale avviene senza grandi problemi, forse perché è stato gestito con la calma necessaria, con naturalezza e senza drammatiche emergenze.

“Al mio fianco c’è papà, che mi aiuta ma insiste affinché sia io a prendere le decisioni, a comprendere quale sia la direzione. Negli anni ho capito alcune sue scelte passate, rivelatesi vincenti nel medio-lungo termine. Spero di avere la stessa capacità, quell’intuito che ci ha portati fino a qui”.

Anna, Matteo, Alessandro, Paolo, Francesco, Chiara, Marco… Quanto vorrei raccontarvi ciò che è stato e ciò che accadrà; è chiaro che questa storia profuma di unicità, poiché eleva al massimo il concetto di “Gestione Familiare”. La sua eccezione negativa è più nota di quella positiva, una sfumatura intrinseca all’esterofilia degli italiani. Se questo Paese è grande, è perché l’istituzione della Famiglia ha saputo inserirsi perfettamente anche nel concetto d’impresa, ed è su questo che è opportuno riflettere.

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11 Dicembre 2024